Libeskind, Minonzio e l’ombra dei SÌ a priori…

Oggi sulla prima pagina de “La Provincia di Como” c’era un editoriale del Direttore, Direttore che dichiarava fin da subito di non avere alcuna competenza per poter giudicare circa il monumento a Volta che, lo dava già per certo, verrà posato in fondo alla diga foranea di Como.

Bene. E’ bello avere a che fare con persone umili.

Dopo il bagno di umiltà, il Direttore scrive che “c’è qualcosa che non funziona nel fronte del no”. “Qualcosa che non si può dimostrare” e che somiglia a dell’ “astio a priori”. Ancora dice che “non è neppure il caso di perdere tempo con qualche politicante di serie C” dal curriculum discutibile e con chi ritenga che l’opera vada rifiutata perché non ha passato il vaglio della comunità. Qui si entra nel vivo. Allacciate le cinture.

Diego Minonzio sostiene che un referendum sul monumento di Libeskind, quello che, per intenderci assomiglia molto al logo della Hyundai, sarebbe “ridicolo”.

Perché sarebbe ridicolo per Minonzio sottoporre a referendum la decisione sul posare o meno l’opera di Libeskind in mezzo al nostro magnifico bacino del lago? Perché “La politica vera, supportata da un pensiero forte, studia, analizza e sceglie. E’ lì per quello. E se sbaglia se ne va a casa, evitandoci, per cortesia, la demagogia infantile e un po’ grottesca del popolo sovrano che decide l’urbanistica e l’arredo di una città”.

Poi, nonostante la sua totale incompetenza al poter giudicare il monumento, conclude il pezzo scrivendo: “Permettiamo a Libeskind di costruire la sua eventuale schifezza. Quando sarà finita, allora sì che avremo il diritto di farla a pezzi”.

Minonzio, con calma ti dico:

1) Lo strumento del referendum, in parecchie città italiane, è stato già più volte utilizzato per  decisioni circa il “dove mettere cosa” o “quali monumenti mettere dove”, da Nord a Sud, ed anche ben prima che nascessero i cinquestelle, e non capisco cosa ci potrebbe essere di “ridicolo”, cavoli non riesco a credere che tu abbia usato il termine “ridicolo”, se una consultazione simile si tenesse anche a Como. Se non sbaglio poi anche il tuo giornale aveva lanciato un sondaggio/referendum circa il monumento a Libeskind. Cheffai Diego i referendum li puoi lanciare solo tu?

2) Circa poi il tuo: “La politica vera, supportata da un pensiero forte, studia, analizza e sceglie. E’ lì per quello. E se sbaglia se ne va a casa, evitandoci, per cortesia, la demagogia infantile e un po’ grottesca del popolo sovrano che decide l’urbanistica e l’arredo di una città” ti ricordo che anche per il muro sul lungolago si trattava di urbanistica e arredo di una città. Avremmo dovuto secondo te consentire a Bruni l’ultimazione del cantiere a lago prima di poter esprimere un parere? Stando a quanto dici tu, .

3) Circa le politiche forti di Lucini, poi ti prego di andare a rileggere il tuo quotidiano: di cose Lucini ne ha dette tantissime ed alcune sì che erano oggettivamente, scusa se uso un tuo vocabolo, “ridicole”. Un esempio su tutti: chiedere al Presidente del Consiglio Letta di darci il Palazzo del Fascio con l’unica possibile conseguenza di vederlo poi conciato come il tempio Voltiano od il Politeama nel giro di qualche settimana. Se vuoi altri esempi batti un colpo. Ti invierò qualche link ad articoli del quotidiano che dirigi.

Concludo, caro Diego, dicendoti che nella lettura del tuo editoriale effettivamente non solo non sei riuscito a dimostrare che “c’è qualcosa che non funziona nel fronte del no” ma hai solamente dimostrato che c’è qualcosa che non funziona nel fronte del sì, fronte che tu rappresenti. Infatti non mi è chiaro perché dovremmo a tutti i costi consentire la costruzione di qualcosa che, a tuo giudizio, avremo il diritto di demolire solo dopo che sia stata costruita. Se fosse così in Italia ci sarebbe già il ponte sullo Stretto e chissà quante altre follie da demolire…

Diego ho finito. Solo una domanda ora: “Considerato che il Comune di Como non ha soldi, l’eventuale demolizione del logo della Hyundai chi la pagherebbe? Gli Amici di chi?”.

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